Tavolo Asilo e Immigrazione

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Il Tavolo Asilo e Immigrazione, a cui la SIMM aderisce, ha pubblicato l'8 settembre un documento che raccoglie le proposte per l’accoglienza dei profughi afghani.

Il processo di evacuazione, che ha interessato alcune migliaia di persone e che non potrà proseguire a causa della chiusura delle operazioni e del progressivo deterioramento della situazione, non può rappresentare l’unica azione messa in atto dai Governi dell’Unione Europea.

L’Ue, i suoi Paesi membri e quindi l’Italia, hanno una significativa parte di responsabilità in ciò che sta avvenendo, e devono mettere in campo iniziative all’altezza della tragedia che si svolge davanti ai nostri occhi

Fino ad oggi la quasi totalità dei profughi, rifugiati e sfollati prodotti dalla guerra in Afghanistan, ha trovato accoglienza nei Paesi limitrofi (soprattutto Pakistan e Iran che hanno accolto il 90% dei 5 milioni di afghani che sono stati costretti a lasciare il Paese); nell’Ue negli ultimi 10 anni sono state presentate meno di 700.000 richieste di asilo. A fronte di tutto questo, appaiono inaccettabili le conclusioni del Consiglio Ue dei Ministri degli Interni, tenutosi il 31 agosto scorso, che di fatto escludono un impegno degli Stati Membri ad accogliere i cittadini afghani in fuga, scaricando gli oneri sui paesi limitrofi e ribadendo l’obiettivo prioritario della protezione dei confini esterni dagli ingressi non autorizzati.

Occorre invece intervenire tramite la realizzazione di un ampio programma di trasferimenti/ricollocamenti dei cittadini afgani da attuarsi anche dai paesi di transito, tramite un’iniziativa che garantisca l’equilibrio degli sforzi tra gli Stati membri, in attuazione dell’art. 78 paragrafo 3 del Tfue (Trattato sul funzionamento dell'Unione Europea) e del principio di solidarietà ed equa ripartizione delle responsabilità sancito dall’art. 80 dello stesso Tfue.

I Paesi in cui molti cittadini afghani che tentano di raggiungere l’Unione Europea si trovano bloccati, come la Turchia e i Paesi non Ue dell’area balcanica, non possono essere considerati Paesi sicuri in merito all’accesso al diritto di asilo e ad assicurare un livello adeguato di protezione e deve essere escluso ogni accordo finalizzato ad effettuare i rimpatri di cittadini afghani in questi Paesi o nei Paesi limitrofi all’Afghanistan, oltre che ovviamente nel loro Paese di origine.

Attraverso il Tavolo Asilo e Immigrazione, anche la SIMM chiede all’Italia e all’Unione Europea che siano garantite con urgenza protezione e assistenza umanitaria ai 39 milioni di afghani rimasti nel Paese attraverso il supporto e il finanziamento dei progetti a tutela dei diritti umani della popolazione, contribuendo in maniera efficace e coordinata alla risposta umanitaria globale.

Tra le varie proposte nel documento, il Tavolo Asilo e Immigrazione chiede:

- che vengano trasferite alle rappresentanze consolari italiane nei Paesi limitrofi (insieme agli altri servizi consolari) anche le competenze relative al rilascio di visti d’ingresso per i cittadini afghani, in particolare quelli per ricongiungimento familiare o comunque il rilascio di visti umanitari, garantendo procedure rapide e semplificate;

- che venga consentito l’accesso in Italia di quelle persone che hanno già ricevuto un nulla osta per il ricongiungimento familiare dalle autorità italiane e non sono riusciti ad ottenere il visto;

- che venga facilitato il reingresso di cittadini afghani titolari di un permesso di soggiorno italiano che, per varie ragioni, risultano essere bloccati in Afghanistan o nei Paesi limitrofi attraverso il rapido rilascio di visti di reingresso;

- che si favorisca l’arrivo e l’accoglienza degli studenti universitari attraverso il rilascio di visti d'ingresso per studi;

- che, in attesa dell’eventuale attivazione della Direttiva 55/2001, venga assicurato ai cittadini afghani comunque presenti in Italia l’immediato accesso alla procedura per il riconoscimento della protezione internazionale e ad un titolo di soggiorno che garantisca loro e, per quanto possibile, i propri familiari attualmente in Afghanistan o in Paesi terzi una adeguata tutela;

- che venga ampliato il sistema d’accoglienza pubblico.

 La SIMM ribadisce che l'Europa deve assumersi la responsabilità di proteggere le persone che hanno bisogno di protezione, e la credibilità dell'Unione Europea passa dalla gestione delle terribili conseguenze della crisi afghana.

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La SIMM insieme alle altre Associazioni presenti nel Tavolo Asilo Nazionale ha pubblicato il 9 aprile 2020 questo comunicato stampa per esprimere forte preoccupazione con la decisione del governo italiano di dichiarare che l’Italia non è più un porto sicuro per le navi straniere che nel Mediterraneo soccorrono i migranti.

"Le Associazioni del Tavolo Asilo Nazionale manifestano la propria preoccupazione per il Decreto Interministeriale emesso lo scorso 7 Aprile 2020 n. 150 in cui il Ministro delle Infrastrutture e Trasporti di concerto con altri Ministri, dichiara che per l’intero periodo dell’emergenza sanitaria nazionale i porti italiani non assicurano i necessari requisiti per la classificazione e definizione di Porto Sicuro (Place of Safety) solo per le navi soccorritrici battenti bandiera straniera che abbiano soccorso esseri umani fuori dalle nostre acque SAR.

La dichiarazione appare inopportuna e non giustificabile in quanto con un atto amministrativo, di natura secondaria, viene sospeso il Diritto Internazionale, di grado superiore, sfuggendo così ai propri doveri inderogabili di soccorso nei confronti di chi è in pericolo di vita.
Si attacca ancora una volta il concetto internazionale di Porto Sicuro, la cui affermazione ha trovato conferma nelle decisioni della nostra Magistratura.

Pur consapevoli del momento complesso che ci troviamo ad affrontare, è importante garantire il rispetto dei principi di solidarietà e di umano soccorso, che non possono essere negati sulla base di tesi opinabili che riguardano la competenza nei soccorsi in mare ed il luogo in cui vadano condotti esseri umani in pericolo di vita.

E’ opportuno sottolineare che il Ministero della Salute attraverso l’USMAF si è già attrezzato per la quarantena delle Navi che hanno soccorso migranti ed ha già disposto delle linee Guida.
Inoltre è essenziale ribadire che l’Autorità preposta ad intervenire nei soccorsi è l’MRCC che riceve per primo la richiesta di coordinamento e non l’Autorità di bandiera.

Le Associazioni del Tavolo Asilo Nazionale ribadiscono che, anche in questo momento difficile per l’Italia, la Libia è un paese in guerra, dove i migranti sono oggetto di torture e schiavitù.
Attualmente la Alan Kurdi è al limite delle nostre acque nazionali in attesa che le venga assegnato un Porto Sicuro dalle nostre Autorità.
Le Associazioni del Tavolo Asilo Nazionale chiedono fermamente al Governo italiano di operare senza indugi in tal senso."

A Buon Diritto, ACLI, ActionAid, Amnesty International Italia, ARCI, Caritas Italiana, Centro Astalli, CNCA, Comunità papa Giovanni XXIII, Emergency, Europasilo, FCEI, Focus – Casa dei Diritti Sociali, Fondazione Migrantes, Intersos, Médecins du Monde - missione Italia, Oxfam Italia, Save the Children Italia, SIMM - Società Italiana Medicina delle Migrazioni
del Tavolo Asilo Nazionale

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Il 2 novembre, se il governo italiano non interverrà per annullarlo, verrà automaticamente rinnovato - attraverso il tacito assenso previsto dall’articolo 8 dell’accordo - il Memorandum con la Libia.

Nonostante un testo molto generico, il Memorandum è servito soprattutto ad addestrare e fornire mezzi alla cosiddetta Guardia costiera libica (formata da milizie private) per fermare e riportare sulla terraferma libica i migranti imbarcati che tentano di raggiungere le nostre coste e finanziare quelli che il documento chiama «centri di accoglienza» in Libia. Il governo italiano non ha mai comunicato quanti soldi abbia speso per la cosiddetta Guardia costiera libica, né per i centri di detenzione: secondo un calcolo della ong Oxfam sono stati in tutto 150 milioni di euro: 43,5 nel 2017, 51 nel 2018 e 56 nel corso del 2019. A questi fondi vanno aggiunti quelli arrivati dall’Unione Europea, cioè 91,3 milioni per finanziare la Guardia costiera e altri 134,7 milioni per migliorare le condizioni dei migranti.

Con una lettera congiunta le organizzazioni del Tavolo Asilo che si occupano dei diritti dei migranti chiedono al Governo e al Parlamento italiano di annullare immediatamente il memorandum  del 2017 e i precedenti accordi con il Governo libico.

Anche ventiquattro parlamentari di Pd, Italia viva, Leu, Più Europa e del gruppo misto - assieme alle alle organizzazioni del Tavolo Asilo Nazionale - chiedono di «sospendere con effetto immediato gli accordi attualmente in essere che riguardano il supporto ed il coordinamento della Guardia Costiera libica e la gestione dei centri di detenzione per migranti e che contestualmente avvii la dismissione della Missione di Supporto alla Guardia Costiera Libica»

La SIMM ritiene inaccettabile essere complici di crimini gravi di diritto internazionale e violazione dei diritti umani , e inoltre chiede - insieme alle altre associazioni -  l’immediata evacuazione dei centri di detenzione per migranti, garantendo loro la necessaria assistenza e protezione, sotto l’egida della comunità internazionale, l’avvio di un programma efficace di ricerca e salvataggio in mare a livello nazionale ed europeo e canali di ingresso regolari, in modo che le persone non siano più costrette ad affidarsi ai trafficanti e a rischiare la vita nel tentativo di fuggire dall’inferno libico.

Vedi la Conferenza stampa del 31 ottobre.

*Aggiornamento (30 ottobre): il ministro degli esteri Luigi Di Maio, parlando alla camera, ha confermato che il Memorandum di intesa non sarà revocato, ma che saranno chieste delle modifiche per migliorarlo.Per apportare delle modifiche Di Maio ha detto che convocherà “una riunione della Commissione congiunta italo-libica, prevista dall’articolo 3 del memorandum”. Il ministro ha spiegato che “in particolare dovremmo favorire un ulteriore coinvolgimento dell’Onu, della comunità internazionale e delle organizzazioni della società civile per migliorare l’assistenza ai migranti salvati in mare e le condizioni nei centri, alla luce del fatto che la Libia non è firmataria della Convenzione di Ginevra sullo status di rifugiato del 1951”. 

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